Denominazione | Chiesa dei Santi Benedetto e Simone |
Altre denominazioni | Chiesa di San Benedetto abate |
Comune | San Benedetto Po |
Località | |
Indirizzo | Piazza Teofilo Folengo |
Mappa | |
Georeferenziazione | Est: 1651930.6338, Nord: 4989490.9958, Quota s.l.m: 18 mt |
Collocazione | Nel centro abitato, in posizione dominante |
Diocesi | Mantova |
Ambito tipologico | Architettura religiosa e rituale |
Definizione tipologica | Chiesa |
Ambito culturale | Rinascimento |
Notizie storiche | Preesistenze - Intero bene Fondazione del monastero da parte di Tedaldo di Canossa intorno al 1007. Bibliografia, XI Costruzione - Intero bene Intervento di ricostruzione di Giulio Romano. Bibliografia, XVI Data di riferimento - Intero bene Bibliografia, XVI |
Preesistenze |
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Impianto strutturale | L'interno si presenta a tre navate con transetto e deambulatorio, dietro l'abside. Durante il Manierismo fu aggiunta la cupola e le volte della navata centrale. In corrispondenza delle ultime due cappelle si sviluppa il presbiterio. Dal braccio destro del transetto si accede alla sagrestia. |
Descrizione | La chiesa dei Santi Benedetto e Simone, cuore dell’antico monastero benedettino, domina il centro di San Benedetto Po. La struttura attuale rispecchia il disegno progettuale di Giulio Romano, ma la prima chiesa monastica venne donata da Tedaldo di Canossa nel 1007, a cui seguì, intorno alla metà dell’XI secolo, una seconda costruzione voluta dal marchese Bonifacio di Canossa. Al tempo della contessa Matilde si ricostruì invece tutta la parte est della chiesa: il risultato di tale riedificazione fu la realizzazione di un deambulatorio a cappelle radiali e un transetto sporgente a due absidi; il braccio sinistro del transetto, in particolare, coincise con il vestibolo del precedente oratorio di Santa Maria. Un’ulteriore ricostruzione della basilica si ebbe intorno al 1130: l’adozione delle consuetudini liturgiche cluniacensi comportava del resto che anche le chiese della congregazione dovessero imitare le strutture edilizie della casa madre di Cluny.
Abbandonata in seguito a se stessa e caduta in rovina, la chiesa cominciò a essere restaurata dopo l’ingresso del monastero nella congregazione di Santa Giustina, per opera dell’abate commendatario Guido Gonzaga; a quest’epoca risalgono le volte e la cupola della navata centrale.
Un secolo dopo, l’abate Gregorio Cortese, incaricò della ricostruzione Giulio Romano e la sua scuola. Giulio Romano conservò il deambulatorio romanico e le volte gotiche della navata centrale, travestendoli con una ricca decorazione classica e manierista a grottesche. Interamente sue sono invece le cappelle annesse alle navate laterali e la soluzione delle serliane a dividere le navate. Il presbiterio fu inoltre dotato di muri pieni per appoggiarvi il coro, trasferito dietro l’altare dopo il Concilio di Trento.
Anche nella Sagrestia, Giulio Romano intervenne su strutture preesistenti. Quanto al resto, gli affreschi della volta sono opera di un ignoto pittore della metà del XVI secolo, gli armadi lignei furono eseguiti tra il 1561 e il 1563 da Giovanni Maria Piantavigna, architetto e intagliatore bresciano. Date le evidenti analogie degli armadi della Sagrestia con il coro ligneo, non è improbabile che entrambi siano stati eseguiti utilizzando un disegno di Giulio Romano. |
Autore |
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Condizione giuridica | proprietà Ente religioso cattolico |
Bibliografia | |
Info compilazione | 2012 Gianmarco Cossandi |
Funzionario responsabile | Renata Salvarani |
Fa parte di | Abbazia di Polirone - complesso |
Aggiornata al | 08/12/2012 |